Francesco Natale si è laureato in Medicina presso l’Università di Bari e si è specializzato in Otorinolaringoiatria e Patologia cervico-facciale presso l’Università di Modena. E’ stato dirigente medico vicario presso il reparto “Otorino” dell’Ospedale “A. Perrino” di Brindisi. Attualmente non svolge attività ospedaliera ma consulenza occasionale come libero professionista.
Parliamo del sistema uditivo, di come funziona e di come può influenzare il funzionamento del corpo umano.
L’apparato uditivo consente di trasmettere i suoni provenienti dall’esterno, e talvolta anche dall’interno, al nostro cervello. E’ costituito dall’orecchio esterno (formato dal padiglione auricolare e dal condotto uditivo esterno), dall’orecchio medio (costituito da una piccola cassa all’interno della quale si trovano gli ossicini, ossia il martello, l’incudine e la staffa) e dall’orecchio interno, che è l’organo deputato alla ricezione. Pertanto, esiste un apparato che trasmette i suoni dall’esterno verso l’interno: si tratta di un apparato meccanico costituito dal padiglione auricolare, dal condotto uditivo e dall’orecchio medio. Quindi, c’è un apparato di ricezione (orecchio interno), in cui si trovano alcuni liquidi il cui movimento serve per eccitare le cellule ciliate presenti nell’orecchio interno che, a loro volta, mandano il segnale al sistema nervoso centrale. Il sistema uditivo, in sintesi, funziona in questo modo: c’è un apparato detto di “trasmissione” del suono dall’esterno (orecchio esterno e medio) e di “ricezione” (orecchio interno).
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All’orecchio interno è connesso l’apparato dell’equilibrio che è responsabile della posizione del corpo nello spazio e, in particolare, dei movimenti di rotazione. In condizioni normali, l’apparato dell’equilibrio ci informa della posizione del corpo nello spazio; in condizioni patologiche, che possono essere di natura infiammatoria, degenerativa o di altra entità, invece, ci dà la vertigine (vertere=girare), ossia una sensazione illusoria di rotazione, alquanto sgradevole. Ad esempio, c’è la malattia “di Ménière” che consiste in un aumento dei liquidi nell’orecchio interno e crea un’alterazione dell’equilibrio dando come sintomi l’ipoacusia, l’acufene e, appunto, la vertigine che, collegata all’apparato neurovegetativo, può dare sensazioni di nausea, sudorazione fredda, pallore cutaneo e talvolta vomito.
Quando comunemente si parla di vertigini, soprattutto legate all’acrofobia, non ci riferiamo ad una patologia dell’orecchio interno. Si tratta, invece, della “vertigine da altitudine”, ossia una vertigine di tipo centrale. Ad esempio, ci sono anche le vertigini “da cinetosi”, dovute al movimento, come il mal di mare, il mal d’auto, etc. che , ripeto, non sono dovute a patologie dell’orecchio interno.
L’apparato uditivo influenza il funzionamento del corpo umano in funzione del tipo di suoni che vengono ricevuti: una bella canzone, ascoltata in un ambiente accogliente, crea una sensazione piacevole al corpo anche dal punto di vista fisico nel senso che, ad esempio, il cuore funziona regolarmente (se non ha altre patologie). Invece un trauma da scoppio, ovvero un forte rumore improvviso, porta il corpo umano a reagire, ad esempio, con un aumento della frequenza cardiaca. La reattività del corpo umano cambia da suono a suono, anche se ci sono alcune tipologie che creano delle reazioni automatiche, come nell’esempio dei rumori improvvisi o ad alta intensità.
Quali sono i disturbi più diffusi dell’apparato uditivo? Che tipo di prevenzione consiglia?
I disturbi più diffusi sono le forme eredo-familiari, che sono legate all’ereditarietà, e quelle acquisite, tra le quali le più diffuse sono quelle infiammatorie-infettive, ossia le otiti, che possono essere di diversi tipi. Per queste forme non c’è una vera e propria prevenzione se non in relazione all’ambiente di vita, nel senso che è opportuno evitare le perfrigerazioni e gli sbalzi termici che possono comportare le affezioni nasali: infatti, esiste una comunicazione tra il naso e l’orecchio, attraverso la tuba uditiva, che consente l’ingresso di aria nell’orecchio medio (altrimenti ci sarebbe il vuoto e non ci sarebbe equilibrio). Attraverso questa strada possono avere origine forme infiammatorie ma anche infettive, per la presenza di batteri e microbi, dando origine alle otiti.
Nell’ambito delle patologie di tipo degenerativo, possiamo annoverare la presbiacusia che è legata ad una fisiologica senescenza dell’udito: non si tratta di una vera e propria malattia in quanto si manifesta naturalmente per effetto dell’età, dai 50 anni in poi a seconda dei soggetti. Il progressivo decremento dell’udito avviene iniziando dalle frequenze acute, per poi passare a quelle medie ed eventualmente a quelle gravi.
Dello stesso ambito fanno parte le patologie di tipo industriale, ossia legate al rumore sul luogo di lavoro. Il legislatore ha posto un limite di 90 dB, oltre il quale insorge l’ipoacusia da rumore. Tuttavia l’orecchio umano è una macchina perfetta ma, fortunatamente, ogni individuo ha una capacità di ricezione diversa rispetto ai simili. Esiste, quindi, la cosiddetta “suscettibilità individuale” per la quale un soggetto può manifestare ipoacusia da rumore industriale a 90 dB e altri invece no oppure manifestarla anche a livelli di intensità sonora più bassi.
Per proteggersi da questi danni bisogna usare i dispositivi di protezione, in genere le cuffie e i tappi auricolari. E’ sicuramente necessario proteggersi, ma l’ambiente di lavoro deve essere adeguato, nel senso che deve esserci un livello di pressione sonora inferiore a quello che può determinare danni all’apparato uditivo. La compromissione della funzionalità uditiva non è mai un problema solo soggettivo ma ha anche risvolti sociali, perché la propria sensibilità viene abbassata e, di conseguenza, è difficile interagire con gli altri.
Tuttavia occorre sottolineare che, in qualunque luogo, un’esposizione continua a suoni ad alta intensità può provocare problemi e patologie che dipendono da caso a caso. C’è il costume recente di ascoltare per ore la musica in cuffia: eventuali danni all’apparato uditivo possono sorgere se l’intensità del segnale sonoro è elevata (volume alto) e anche la durata dell’esposizione.
La prevenzione è fondamentale ma è lo stesso corpo umano il primo a difendersi istintivamente. Mi viene in mente il riflesso stapediale.
Il riflesso stapediale è uno dei tanti riflessi del nostro organismo. In questo caso, la staffa reagisce in presenza di suoni di una certa intensità e di breve durata. L’intensità è variabile, non solo da soggetto a soggetto ma anche in relazione alla frequenza. Nella clinica corrente il riflesso stapediale viene verificato anche per testare la funzionalità dell’orecchio stesso: nelle prove empiriche, come nell’esame impedenziometrico, si emette un suono improvviso e si verifica se l’ossicino (la staffa) risponde. L’assenza di riflesso stapediale, o il suo manifestarsi a valori molto più alti rispetto a quelli previsti, denuncia che l’orecchio ha una patologia.
Per esempio, c’è una malattia dell’orecchio chiamata “otosclerosi” che è una distrofia della capsula labirintica: semplificando, ciò significa che si forma un osso sulla staffa, organo di per sè mobile, costringendola alla fissità. In questi casi occorre intervenire per mobilizzare nuovamente la staffa, ripristinando la motilità degli ossicini e quindi l’udito.
Navigando in internet, mi sono imbattuta in un forum dedicato interamente a persone che soffrono di acufene e mi sono resa conto che è un problema di difficile soluzione.
Purtroppo è vero. Con l’acufene entriamo in un mare aperto, poichè le cause sono le più disparate e talvolta non sono nemmeno conosciute. L’acufene si manifesta come un rumore che viene emesso spontaneamente dall’orecchio, che può essere dovuto o no ad un evento patologico; il cervello lo sente e dà molto fastidio, soprattutto perchè è costante.
Ci sono acufeni di origine auricolare ed extra-auricolare. I primi sono quelli che, ad esempio, accompagnano la sordità da rumore. I lavoratori che si trovano in ambienti molto rumorosi e che con il tempo manifestano una patologia dell’udito, non solo subiscono un deficit uditivo ma percepiscono un costante “fischio nell’orecchio”, ossia l’acufene. C’è chi, invece, soffre di acufene e sente le pulsazioni del cuore nell’orecchio: in questo caso potrebbero esserci problemi di tipo vascolare. In molti casi gli acufeni hanno una causa sconosciuta.
Esistono terapie sintomatiche, il cui beneficio è discutibile: nella maggior parte dei casi si tratta di farmaci vaso-regolatori, nei casi legati all’arteriosclerosi. L’acufene è un argomento che lascia un po’ disarmati perché, purtroppo, non essendoci spesso una patologia che lo determina, non si riesce a trovare il rimedio.
Secondo Lei, la normativa italiana è adeguata per prevenire disturbi uditivi legati all’attività lavorativa o al luogo in cui si vive e lavora?
Posso dire che la normativa è adeguata, anche perchè è frutto di studi audiologici effettuati nell’ambito dell’audiologia industriale. Tuttavia il limite di 90 dB, oltre il quale si verifica l’insorgenza dell’ipoacusia da rumore, non può essere uguale per tutti. Come dicevo prima, c’è una suscettibilità individuale in virtù della quale ogni individuo ha una sua propensione e sensibilità specifica e può verificarsi che, ad esempio, alcuni abbiano manifestato patologie da rumore in presenza di suoni a intensità inferiore ai 90 dB indicati dal legislatore. Si tratta di eccezioni, ma bisogna sicuramente tenerne conto.
Secondo Lei, c’è un’adeguata campagna di prevenzione nei confronti della tutela dell’apparato uditivo?
Per quanto riguarda i luoghi di lavoro, c’è un’adeguata campagna di prevenzione ma i mezzi preposti alla protezione individuale, come le cuffie di cui si parlava prima, spesso sono forniti dal datore di lavoro ma a volte il lavoratore non li usa perché sono fastidiosi mentre si lavora: se due persone devono comunicare parlando mentre lavorano, le cuffie sono un ostacolo. Se, invece, ci riferiamo a campagne pubblicitarie, direi che la sensibilità mediatica è carente. Ribadisco che la prevenzione è fondamentale: pensiamo semplicemente al fatto che i rapporti interpersonali avvengono soprattutto attraverso il linguaggio parlato e, evidentemente, chi ha problemi uditivi può avere difficoltà o addirittura sentirsi isolato. Credo che la campagna di conoscenza, prevenzione e protezione dai problemi uditivi debba essere potenziata.
La doppia natura del suono, che è un fenomeno fisico e psicofisico, lo rende un materiale ricco di potenzialità, nel bene e nel male. Una giornalista francese, Juliette Vocler, ha scritto un libro intitolato “Il suono come arma”, in cui si raccontano vari tentativi, non sempre riusciti, di creare vere e proprie armi sonore sfruttando, ad esempio, alcune frequenze e il livello di pressione sonora per annientare il nemico. Senza giungere a questi estremi, secondo Lei il suono viene usato come strumento per influenzare il comportamento delle persone anche in altre occasioni, meno chiaramente offensive di una guerra?
Se parliamo della musica utilizzata nei centri commerciali, direi che non si possa proprio parlare di arma, nel senso offensivo del termine: in questo caso parlerei di una modalità che serve per ottenere un fine commerciale o sociale.
Certo, riflettendo sulle armi soniche o anche sui banali screzi tra vicini di casa, tecnicamente è molto facile creare disturbo con il suono: basta avere un riproduttore di suoni e un amplificatore, si porta la musica ad intensità elevate (sopra i 100 dB) e si possono creare effetti nocivi. Ricordo che, quando nelle case degli italiani comparvero i primi televisori, nel periodo estivo l’annunciatrice televisiva pregava i telespettatori di tenere basso il volume, perché poteva disturbare i vicini.
Tralasciando le strategie militari, sicuramente il suono può creare azione di disturbo se usato in modo inadeguato e, al contempo, in certi contesti può essere usato come mezzo per ottenere effetti premeditati, per fini sociali o consumistici (centri commerciali, bar, etc.).
Il fenomeno sonoro segue regole fisiche misurabili nel momento in cui si propaga; quando viene percepito, esso viene interpretato dal soggetto percepiente. In che misura la percezione soggettiva influenza l’oggettività del messaggio sonoro?
Ognuno di noi interpreta il messaggio sonoro in modo soggettivo, anche in presenza di suoni riconoscibili da tutti (sirene, clacson, etc.). Ad esempio, ascoltando il clacson di un’automobile, lo si riconosce come segnale ma lo si interpreta in modo variabile (devo spostarmi? qualcuno ha fretta?). Per ciò che riguarda la componente psicofisica, i suoni vengono inviati al cervello che, come agente fisico, acquisisce il segnale; in seguito, dal punto di vista psicologico, il soggetto interpreta il messaggio sonoro in vari modi a seconda del momento, delle condizioni psico-fisiche (nervosismo, serenità, etc.) o, più in generale, del suo vissuto.
Nella Sua esperienza, ha notato casi di capacità uditive fuori dal comune?
Ci sono variabilità individuali soprattutto nella percezione dell’intensità dei suoni, più che delle frequenze. Un soggetto normale sente i suoni intorno ai 20 dB di intensità, ma ci possono essere individui che li percepiscono a 5 dB o a 10 dB. Comunque, si tratta di variabilità fisiologiche, nulla di strano.
Penso, ad esempio, al cosiddetto “orecchio assoluto”, ovvero alla capacità di identificare una nota che viene ascoltata, senza avere un punto di riferimento come partenza. Si tratta di una abilità dovuta alla fisiologia dell’orecchio?
No. Infatti, non a caso, l’orecchio assoluto spesso si manifesta nei musicisti o in soggetti che si occupano di musica costantemente. In questo caso è la pratica che educa l’orecchio. Generalmente l’orecchio umano sente un suono e, se lo ha sentito già altre volte, è capace di riconoscerlo; se, però, lo ascolta per la prima volta, di solito non lo attribuisce ad un evento particolare.
Quindi possiamo dire che, così come possiamo mettere a repentaglio la salute del nostro apparato uditivo in vari modi, ugualmente possiamo non solo prevenire i problemi ma anche educare l’orecchio all’ascolto dei suoni e non solo della musica.
Sì, sono d’accordo. Per questo motivo è essenziale la prevenzione nei confronti di possibili patologie e l’educazione all’ascolto.